Da un documento del 964 sappiamo che il toponimo originario era "Maccla de Godino", divenuto nel secolo XIII "Maccla godina" e trasformatosi nella denominazione attuale nel corso del XVI secolo. Non si hanno di Macchiagodena notizie relative ai periodi normanno e svevo, si sa invece che agli inizi dell'epoca angioina, nel 1269, essa venne concessa in feudo, da Carlo I d'Angiò, al cavaliere francese Barrasio di Barrasio. Per diversi anni fu di proprietà della famiglia Cantelmo, forse a partire già dal 1422, anno di un rescritto della regina Giovanna II nel quale viene riportato come titolare dell'università Giovanni Cantelmo.
A lui fece seguito la famiglia Pandone che vi rimase fino a quando Enrico Pandone vendette il feudo ai Mormile.
Il Castello di Macchiagodena si erge sulla viva roccia, dalla quale sembrano emergere le due torri più grandi.
Di sicura origine longobarda, il castello costituiva un'importante strumento di avvistamento e di controllo del confine tra la contea di Isernia e quella di Boiano e, soprattutto, del tratturo Pescasserroli-Candela.
Il feudo fu mantenuto da diverse famiglie, tra le quali ridordiamo i Barras, i Pandone e, nel XVI secolo dai Caracciolo, che lo vendettero ai Centomani i quali furono l'ultima famiglia ad abitare stabilmente l'antica fortezza. La stessa famiglia che agli inizi dell'Ottocento apportò importanti ristrutturazioni al castello, che assunse così la forma che possiamo ammirare attualmente.
La pianta del castello è di forma poligonale e si sviluppa intorno ad un corpo di fabbrica di forma quadrata. Molto interessanti sono alcuni particolari riguardanti l'ingresso, come ad esempio il vano di forma rotonda che si trova all'estremità della seconda rampa di accesso. Le scale portano al piano nobile, nel quale erano presenti, ma oggi purtroppo non più visibili, tavole dipinte, fregi, un focolare alla romana ed una finestra gotica. Oggi gli ambienti interni invece si caratterizzano per la semplicità dell'arredamento e nella sola biblioteca sono presenti arredi ottocenteschi e scaffali ricchi di antichi e pregiati volumi, soprattutto di genere medico.
Nei sotterranei, oggi chiusi, probabilmente doveva essere presente una via di fuga, che portava ad una zona della roccia sottostante chiamata "del precipizio" (addirittura una leggenda popolare vuole che diverse anime ancora infestino il castello proprio in questi cunicoli).